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LA QUESTIONE
Nell’ipotesi di danno al correntista derivante dall’omesso controllo da parte dell’istituto di credito sull’eventuale uso illegittimo di carte di pagamento o di altri strumenti finaziari cd. "elettronici", quale è la natura della responsabilità dell’istituto di credito?
Il termine phishing sta a indicare una pluralità di tecniche di captazione di dati e codici personali per l’indebito utilizzo di carte di credito, bancomat e internet banking: fenomeno in crescente ascesa, la cui rilevanza penale è indiscussa ma che, risultando spesso caratterizzato dalla repentina trasmissione all’estero (talora con una molteplicità di operazioni successive) del frutto della frode, comporta l’impossibilità di bloccare materialmente i flussi finanziari e impedire danni al correntista o, quantomeno, garantire la possibilità di recuperare quanto indebitamente lucrato.
Il sempre più diffuso utilizzo di strumenti finanziari e sistemi di pagamento elettronici, rende necessario l’inquadramento della natura della responsabilità dell’istituto di credito intermediario laddove il correntista abbia subito un danno conseguente alla frode perpetrata da terzi.
La previsione di cui all’art. 1856 c.c., a norma del quale «la banca risponde secondo le regole del mandato per l’esecuzione di incarichi ricevuti dal correntista o da altro cliente», rende necessaria l’individuazione dei parametri di valutazione della cd. “diligenza del buon banchiere”.
Successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 11/2010 di attuazione della direttiva comunitaria sulla regolamentazione dei servizi di pagamento, i parametri di valutazione della responsabilità della banca sono divenuti sempre più stringenti, dovendo l’istituto di credito intermediario fare riferimento alle migliori conoscenze tecniche del momento e provare l’adeguatezza degli stessi a evitare danni al correntista: si è sempre più vicini all’individuazione di una forma di responsabilità “aggravata” come se l’esercizio dell’attività bancaria o finanziaria fosse riconducibile all’esercizio di attività pericolosa disciplinata dall’art. 2050 c.c.
L’istituto di credito si può liberare dalla responsabilità per il caso di frode, solo laddove riesca a fornire la prova liberatoria circa l’idoneità dei presidi di sicurezza adottati a evitare qualunque danno al correntista.
La mancata adozione di misure di sicurezza adeguate a prevenire questo genere di rischi è stata considerata prova della negligenza dell’intermediario e causa del concorso colposo della banca nella prodizione del danno. Infatti, è stato ritenuto che la carenza delle misure di sicurezza sia, già di per sé, idonea ad interrompere il nesso causale fra negligenza del cliente e il danno dallo stesso subito.